Per l’infortunio sul lavoro paga il datore anche se il dipendente è negligente

 

Per la Cassazione, è colpevole il titolare d’azienda che non previene i rischi da infortunio derivanti da una condotta negligente dei lavoratori

 

Il datore di lavoro è penalmente responsabile per violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro se, oltre a non predisporre tutte le misure necessarie alla tutela dei lavoratori, non previene anche i rischi da infortunio derivanti da una condotta negligente tenuta dai dipendenti nell’espletamento delle loro attività. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 47820/2011.

 

Nel caso di specie, il titolare di un’azienda industriale veniva condannato dai giudici di merito a due mesi di reclusione e al risarcimento danni, per violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

La Corte territoriale era giunta a tale decisione anche se, nelle circostanze che hanno dato luogo all’incidente, si era verificato un comportamento negligente del lavoratore, il quale era intervenuto direttamente su un macchinario a stampi inceppatosi, senza richiedere l’intervento dei tecnici preposti alla manutenzione e alla riparazione.

Inoltre, dalle indagini si era appurato che non solo mancavano i presidi precauzionali appositamente previsti per l’attività espletata dal dipendente infortunato, ma in azienda risultava in vigore una prassi che prevedeva un primo intervento di verifica del malfunzionamento da parte dell’addetto alla macchina, per accertare la possibilità di una rapida riparazione.

Contro questa sentenza dei giudici di merito, il datore di lavoro ricorreva alla Corte di Cassazione chiedendone l’annullamento.

 

Nel ricorso si evidenziavano due motivi particolari; il primo legato alla effettiva qualifica di datore di lavoro attribuita al ricorrente, il secondo al presunto comportamento estremamente negligente del lavoratore infortunato, consistente nell’aver effettuato una manovra del tutto abnorme, andando personalmente a verificare il motivo dell’anomalo funzionamento del macchinario.
In particolare, nel primo motivo si lamentava che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto il ricorrente quale direttore dell’azienda, e di conseguenza destinatario delle norme giuridiche presenti nel capo di imputazione. Per la difesa, il legale rappresentante dell’azienda sarebbe stata un’altra persona, così come riportato su un certificato della Camera di commercio, mentre il ricorrente sarebbe stato solamente titolare di una procura che, non conferendogli alcun potere in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, né, tantomeno, poteri di spesa, lo avrebbe escluso da ogni responsabilità in merito all’accaduto.

 

Per la Corte di Cassazione i motivi sono privi di fondamento e il ricorso va dunque rigettato.
Per quanto concerne il primo motivo, la Suprema Corte afferma che i giudici di merito hanno operato correttamente, ritenendo l’imputato quale effettivo datore di lavoro, sia in base all’accertamento effettuato dagli ispettori del lavoro, sia per quanto riportato nell’organigramma aziendale – dove il soggetto veniva indicato con la qualifica di direttore d’azienda – nonché in seguito alle dichiarazioni dei dipendenti, che lo hanno qualificato come “titolare” e “responsabile di tutto”, e quindi destinatario del precetto contenuto nell’art. 2087 c.c.

Invece, per quanto riguarda la presunta condotta negligente e abnorme del dipendente, i giudici di legittimità osservano che certamente il lavoratore, una volta accertato il guasto, avrebbe dovuto astenersi dall’intervenire e chiamare i tecnici addetti alla riparazione; tuttavia, va considerata anche la presenza di una consolidata e tollerata prassi aziendale secondo cui il dipendente doveva effettuare una prima verifica onde pervenire, se possibile, ad una rapida riparazione del guasto.

Pertanto, per la Suprema Corte, non può essere considerata abnorme la condotta del lavoratore infortunato, considerato che il datore di lavoro deve comunque apprestare tutte le misure necessarie affinché i dipendenti siano tutelati anche con riguardo a loro comportamenti improntati a negligenza e leggerezza.

 

 

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