LA NORMATIVA A TUTELA DEL “MADE IN”

 

 

 


Il 15 agosto scorso è entrata in vigore la nuova normativa posta a tutela del Made in Italy, che comporta l’estensione dell’ipotesi del reato di contraffazione per le aziende italiane che, senza dichiararne la provenienza, applicano il proprio marchio sui prodotti non fabbricati in Italia. Dopo neppure un mese dalla sua pubblicazione, la legge 23 luglio 2009, n. 99 (entrata in vigore il 15/08/2009) ha già bisogno di qualche aggiustamento.

 

Il Decreto Legge 25 settembre 2009 n. 135, che entrerà in vigore dal 11/11/2009, detta alcune disposizioni sulla tutela giuridica del Made in Italy con tre diversi effetti.

Il primo è l’abrogazione dell'articolo 17, comma 4 della legge 99/09, norma che aveva creato non pochi problemi applicativi ed era subito apparsa in potenziale contrasto con l’ordinamento comunitario nella parte in cui imponeva l’obbligo di indicazione della origine estera qualora fosse utilizzato sui prodotti un "marchio di azienda italiana".

Il secondo effetto è di tipo integrativo poiché all'articolo 4 comma 49 della legge 350/03 (Finanziaria 2004) che per prima ha dettato una disciplina giuridica di tutela del Made in Italy, sono stati aggiunti un comma 49 bis e 49 ter nel quale si disciplina specificamente il caso di fallace indicazione tramite uso di un marchio con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana senza che sul prodotto stesso compaiano indicazioni precise ed evidenti che consentano di individuarne l'origine estera.

Il terzo effetto è di tipo innovativo poiché viene introdotto il concetto di prodotto realizzato interamente in Italia: esso è il prodotto classificabile come Made in Italy ai sensi della normativa vigente e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano. Chiunque fa uso di una indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale "100% Made in Italy" "100% Italia" "tutto italiano", in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, al di fuori di quanto previsto dalla norma, risponde del reato di cui all’art 517 del Codice penale ("Vendita di prodotti industriali con segni mendaci"), ma le pene (reclusione fino a due anni e multa fino a ventimila euro) sono aumentate di un terzo. Viene comunque prevista l'emanazione di decreti ministeriali per definire le modalità di applicazione del concetto di prodotto realizzato interamente in Italia.

 

Il sistema precedente

La precedente normativa prevedeva che:

  1. costituiva reato l’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non univoco alla commercializzazione dei prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine;
  2. costituiva falsa indicazione la stampa “Made in Italy” su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine;
  3. costituiva fallace indicazione, anche qualora fosse indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure o quant’altro potesse indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce fosse di origine italiana incluso l’uso forviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli.

Le fattispecie erano commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l’immissione in consumo in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio.

 

Le sanzioni

L’uso improprio di indicazioni di vendita che presentano il prodotto come interamente realizzato in Italia è punito con le pene previste dall’art. 517 c.p. (reclusione fino a due anni o multa fino a 20.000 Euro), aumentate di un terzo. Si potrà inoltre disporre il sequestro della merce.

Le false indicazioni di provenienza o di origine sono invece punite con le pene di cui all’art. 517 c.p. (senza aumento di un terzo delle stesse).

Con riguardo alle fallaci indicazioni, sono anch’esse generalmente sanzionate applicando le pene di cui all’art. 517 c.p. Tuttavia, nello specifico caso di cui al punto 5 (uso decettivo del marchio, che tuttavia non è fallace o fuorviante ai sensi delle norme in tema di pratiche commerciali ingannevoli), sarà applicata una sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 10.000 ad Euro 250.000, alla quale si accompagnerà sempre la confisca amministrativa della merce, salvo che siano apposte le indicazioni sull’origine del prodotto da parte del responsabile dell’illecito.

 

 

07/10/2009

 

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