L’accordo per la ristrutturazione del debito

 

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti rappresentano una delle novità più significative della riforma delle procedure concorsuali, poiché integrano un'intesa di tipo privatistico, cui il nuovo sistema di diritto fallimentare riconosce, in seguito all'omologazione da parte del tribunale, ulteriori ed importanti effetti quale, ad esempio, l'esenzione dall'azione revocatoria degli atti compiuti in esecuzione del medesimo accordo.

 

Normativa

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, previsti dall’art. 182 bis L.F. (legge fallimentare), costituiscono una forma di risanamento dell’impresa mediante il quale l’imprenditore che esercita un’attività commerciale e che si trovi in stato di crisi mira a ridurre l’esposizione debitoria.

 

Contenuto

L’esecuzione dell’accordo comporta l’obbligo di integrale e regolare pagamento dei creditori ad esso estranei, laddove l’imprenditore in crisi può concludere un accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, da calcolare non in riferimento al numero dei creditori, ma in relazione all’importo dei rispettivi crediti ed indipendentemente dalla loro natura chirografaria ovvero privilegiata, accompagnandolo con la relazione di un professionista che certifichi l’attuabilità dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

Il contenuto-tipo dell’accordo non è precisato dalla legge Fallimentare ma, normalmente, esso può avere ad oggetto:

-         dilazioni di pagamento, con o senza corresponsione di interessi dilatori;

-         abbattimento degli interessi maturati ovvero convenzionalmente convenuti;

-         cessione di beni ai creditori;

-         rinunce di posizioni creditorie parziali o totali;

-         acquisizione di nuove garanzie in favore dei creditori.

Contestualmente al piano, vanno redatti ed allegati:

-         una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

-         lo stato analitico estimativo delle attività, unitamente all'elenco dei creditori con l’indicazione dei creditori e delle eventuali cause di prelazione;

-         l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni di proprietà ovvero in possesso del debitore;

-         il valore dei beni ed i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;

-         una relazione predisposta da un professionista sull'attuabilità dell'accordo, avendo particolare riguardo alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei all'accordo.

 

Profili di criticità

A distanza di qualche anno dalla loro introduzione, il giudizio degli addetti ai lavori è pressoché unanime: la lacunosità dell’intervento riformatore ha prodotto pesanti conseguenze sulla concreta percorribilità di questa soluzione, come dimostrato anche dalla circostanza che i casi di applicazione concreta degli accordi di ristrutturazione sono stati piuttosto limitati e, senza dubbio, inferiori alle attese.

La dottrina ha enucleato diversi profili di criticità, come ad esempio la stessa natura giuridica dell'accordo, il tipo di trattamento riservato ai creditori non aderenti ad esso, il procedimento di omologa, l'individuazione del tribunale competente, nonché l'ambito del sindacato ad esso devoluto ed, infine, l'incertezza relativamente alla fase successiva all'omologa.

Lo scarso appeal che l'istituto ha suscitato nella prassi ha convinto il Legislatore a modificarne la disciplina, eliminando uno degli ostacoli che ne avevano rallentato l'applicazione, ossia la mancata sospensione degli atti esecutivi di azioni cautelari nell'attesa dell'omologazione.

Di conseguenza, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 12 settembre 2007 n. 169, è prevista a far data dal 1° gennaio 2008, la sospensione delle azioni cautelari ed esecutive in via automatica per un periodo di 60 giorni dalla pubblicazione dell'accordo Registro delle imprese ed è stata opportunamente inserita la previsione circa l'esenzione dalla revocatoria degli atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione degli accordi stessi.

Inoltre, merita di essere segnalata la modifica della disciplina fiscale degli accordi di ristrutturazione, che ora ammette anche per tali accordi la fattibilità della transazione fiscale.

Infatti, il testo del nuovo art. 182-ter, L.F. prevede che il debitore può effettuare la proposta di transazione fiscale per i soli tributi amministrati dalle agenzie fiscali, non solo in caso di concordato preventivo, ma anche nel caso di trattative che precedono la stipula di accordi di ristrutturazione dei debiti.

Allo scopo primario perseguito dal Legislatore della riforma fallimentare, che si individua nell'accelerazione delle procedure e nel favorire la conservazione dell'impresa in capo al medesimo titolare o il trasferimento della medesima a terzi in ordine di funzionamento e di equilibrio, non ha corrisposto, fino ad ora, l'inclusione degli accordi di ristrutturazione fra le procedure che legittimano l'esclusione delle sopravvenienze attive da riduzioni di debiti dall'imponibile ai fini delle imposte sui redditi e, anche in presenza della recente introduzione nel sistema concorsuale italiano del piano di risanamento e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, è opportuno un intervento del Legislatore tributario per completare il programma di riforma.

 

Adempimenti

L'accordo, una volta concluso con la maggioranza dei creditori e sottoscritto, deve essere depositato presso il tribunale e ne deve essere richiesta la pubblicazione nel Registro delle imprese; esso diviene efficace dalla data di tale pubblicazione, laddove entro i successivi 30 giorni i creditori estranei ovvero dissenzienti possono proporre opposizione che, in ogni caso, non ne sospende l'esecuzione e che viene decisa dal tribunale nel contraddittorio.

Quando l'accordo viene ritenuto meritevole di approvazione, il tribunale, in Camera di consiglio, decide con decreto di omologazione, in caso contrario emettendo provvedimento di diniego; va segnalato che, in caso di successivo fallimento, divengono irrevocabili atti, garanzie e pagamenti posti in essere in esecuzione dell'accordo omologato.

Il decreto di omologa che, a cura dell'imprenditore, viene trascritto presso il Registro delle imprese, è reclamabile presso la Corte d'appello, che decide in Camera di consiglio con decreto, a sua volta impugnabile con ricorso per Cassazione.

L'art. 48, comma 2, del D.L. n. 78 del 31/05/2010, convertito in legge 30.07.2010, n. 122 (manovra d'estate 2010), aggiunge un nuovo comma all'art. 182-bis che prevede, nell'ambito degli accordi di ristrutturazione, la sospensione delle azioni esecutive e cautelari in corso.

La norma, finalizzata al superamento della crisi, prevede la possibilità per l'imprenditore di chiedere la sospensione delle azioni sospensive e cautelari anche prima dell'omologazione dell'accordo, già nel corso delle trattative per ottenere il consenso dai creditori.

La nuova norma prescrive, infatti, il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo qualora sia depositata una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di legge, circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L'istanza di sospensione è pubblicata nel registro delle imprese.

Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l'udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell'udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze richieste e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista.

 

Differenze con il concordato preventivo

L'art. 182-bis, L.F., dedicato agli accordi di ristrutturazione, è collocato nel titolo III, L.F., intitolato “Del Concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione”: l'esame comparativo dei due istituti presenta aspetti di sicuro interesse poiché, ad una prima lettura delle norme che li regolano, sorge il dubbio se gli accordi di ristrutturazione costituiscano una semplice modalità di realizzazione del concordato preventivo, quasi una sorta di concordato “abbreviato”, oppure un istituto autonomo, caratterizzato da una minore onerosità ed una minore ingerenza dell'autorità giudiziaria nella sua esecuzione.

In realtà, già dalle prime pronunce, la giurisprudenza di merito ha accolto la seconda tesi sopra citata.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, quindi, sono caratterizzati da due fasi: quella propriamente stragiudiziale, nella quale il debitore negozia con i creditori la propria situazione debitoria e quella giudiziale, in cui l'accordo necessita dell'omologazione dell'autorità giudiziaria per essere produttivo di ulteriori effetti legali.

 

Prededuzione dei crediti sorti nel corso di accordi di ristrutturazione dei debiti

L'art. 48, comma 1, del D.L. n. 78 del 31/05/2010, convertito in legge 30.07.2010, n. 122 (manovra d'estate 2010), aggiunge il nuovo art. 182-quater che prevede, in caso di successivo fallimento , la prededuzione dei finanziamenti erogati nell'ambito delle procedure di concordato preventivo e di ristrutturazione del debito non andate a buon fine.

La norma è finalizzata ad agevolare la raccolta di nuova finanza a sostegno delle imprese in crisi.

Più in dettaglio la nuova norma prevede la prededucibilità per:

-         i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis;

-         i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai medesimi soggetti in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 o dall'accordo di ristrutturazione e purché il concordato preventivo o l'accordo siano omologati (c.d. finanziamenti ponte);

-         i finanziamenti effettuati dai soci, fino a concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare, in deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile;

-         i compensi spettanti al professionista incaricato di predispone la relazione di cui agli articoli 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire il tema, è possibile contattare lo Studio Legale o scrivere alla casella di posta: info@studiolegalerrm.it

 

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