Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2009  -  Febbraio

 

 

 

 

 

DRAMMA o TRAGEDIA ?

 

COMMENTO

 

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. Veniamo da un tragico 2008, con i mercati azionari che hanno messo a segno uno dei peggiori cali della loro storia, paragonabile al primo dei tre anni shock della grande crisi del ’29.

A fine anno il tentativo di rimbalzo ha avuto vita breve ed è naufragato subito dopo l’Epifania.

Se guardiamo l’indice borsistico più rappresentativo, l’americano SP500, l’ampia fascia di lateralità a ridosso dei minimi del novembre 2008 continua ad essere frequentata in modo errabondo, con una specie di ping-pong tra il bordo inferiore (area 800) e quello superiore di 950.

Eppure, dopo la violenza dell’uragano che ha imperversato nella seconda parte del 2008, il buon senso e gli eccessi tecnici ribassisti che si sono prodotti sui grafici avrebbero indotto a pensare ad un rimbalzo un po’ più significativo di quel che finora si è visto. Invece i mercati stentano a reagire.

Intendamoci. La estrema difficoltà a risollevare il capo piegato dalla violenza della crisi ha ottimi motivi.

Da un lato, dopo i tanti segnali premonitori succedutisi da ottobre a dicembre, è arrivata la certificazione ufficiale della gravità della recessione.

Il PIL USA del 4° trimestre 2008 è crollato effettivamente di quasi il 4% annualizzato, come avevo ipotizzato ad inizio dicembre, quando gli esperti si attendevano cautamente un calo di poco meno dell’1%. Oltretutto quella della di fine gennaio è soltanto la prima stima, passibile di revisione a fine febbraio.

Dalle società arrivano quotidianamente tegole sui mercati. Gli utili vengono falcidiati e le trimestrali, salvo poche eccezioni positive, sfondano di norma le previsioni degli analisti, già orientate ad un taglio consistente dei profitti attesi.

Il dato sul mercato del lavoro ha confermato l’accelerazione nei licenziamenti. La perdita di posti a gennaio ha raggiunto quota 600.000 e sono stati rivisti al rialzo anche i dati dei mesi precedenti.

Il continuo aumento nella richiesta di sussidi non consente di sperare in una prossima riduzione nell’emorragia di occupati.

Per questo SuperObama ha cominciato a lanciare appelli a far presto ad approvare il suo Piano di aiuti da 800 miliardi, paventando l’impossibilità di uscire dalla crisi se si perderà tempo.

Se i motivi di pessimismo non lasciano scampo al presente ed al prossimo futuro, non dobbiamo dimenticare che i mercati cercano sempre di anticipare la situazione economica di alcuni mesi.

Pertanto i terribili numeri dell’economia che vengono pubblicati in questi e nei prossimi mesi sono stati scontati dai mercati nell’autunno scorso e confermano soltanto che i mercati hanno avuto ragione a crollare.

Quel che ora le dinamiche al momento errabonde dei mercati sono chiamate a “prevedere” è la situazione economica di fine anno e di inizio 2010.

Ebbene, possiamo affermare che per ora i mercati hanno le idee confuse.

Gli analisti, che hanno elaborato simulazioni degli effetti che il Piano Obama, se verrà approvato, avrà sull’economia americana, concordano nel ritenere che i maggiori stimoli dovrebbero spalmarsi sulla parte finale del 2009 e su tutto il 2010. Molti ipotizzano che il PIL USA dovrebbe raggiungere i minimi della recessione nel secondo o terzo trimestre 2009, per poi effettuare una inversione di tendenza e lasciare al 2010 una ripresa, magari un pochino asfittica, ma tale da modificare il quadro da recessivo a moderatamente espansivo.

C’è però da passare la terribile prima parte del 2009, che viene vista da tutti come un periodo di lacrime e sangue, che vedrà un ulteriore aggravamento dei conti delle imprese, altri licenziamenti e l’avvitamento della recessione.

Il dubbio che i mercati sostanzialmente hanno è il seguente: se il malato deve ancora attraversare la fase più acuta della malattia, possiamo confidare che la supererà senza lasciarci le penne?

Se si convinceranno che ce la farà, potrebbe partire un rimbalzo che ben presto si trasformerebbe in una vera e propria inversione di tendenza e magari riportare gli indici a livelli ora inimmaginabili.

Se invece prevarrà il timore che le complicazioni future possano portare al collasso sistemico, chi non ha ancora venduto e non lo farà prossimamente si pentirà amaramente, poiché potremmo vedere dei minimi che faranno rimpiangere le perdite di quasi il 50% che mediamente accusano ora gli investitori.

Per questo saranno estremamente importanti i prossimi due mesi, poiché ci dovranno dire se il sistema finanziario è in grado di stabilizzarsi oppure crollerà nelle braccia della nazionalizzazione.

Abbiamo visto nei mesi scorsi, e stiamo vedendo ancora, un affacendarsi di governi in tutto il pianeta intenti a salvare le principali banche e imprese assicurative. In alcuni casi non si è andati troppo per il sottile e si sono nazionalizzati colossi enormi, deteriorando sensibilmente i bilanci pubblici futuri e portando alle stelle il debito pubblico.

Quel che ora viene invocato da tutti è esattamente quel che solo un anno fa sarebbe stato stigmatizzato con l’appellativo di “finanza allegra”. I famosi “parametri di Maastricht” relativi al rapporto debito/pil e deficit/pil, che facevano la differenza tra paesi virtuosi e paesi inaffidabili, sono stati sepolti sotto la coltre delle centinaia di miliardi di aiuti pubblici elargiti alle banche ed agli altri  settori “privilegiati”. La stessa America, che non ha parametri da rispettare, ma che fino al 2007 si manteneva entro il 60% nel rapporto debito/pil, è già salita oltre tale soglia e con le nuove misure approvate si sta portando verso quota 80%.

Gli stati del mondo occidentale stanno diventando tutti un po’ più “italiani”, con pesanti conseguenze future sull’inflazione e sulla crescita. Ma quando la casa brucia bisogna spegnere l’incendio senza preoccuparsi troppo se poi bisognerà ripulire i locali.

Il problema però è se si riuscirà a spegnerlo, quest’incendio, oppure se nei prossimi mesi scoppieranno altri focolai e i “pompieri” riusciranno a fronteggiarli.

La miccia che potrebbe innescare altri focolai è ancora una volta nel sistema bancario. Abbiamo constatato che le maggiori banche del mondo sono tutte invariabilmente in ginocchio a causa delle colossali perdite sui derivati e sui prodotti strutturati di cartolarizzazione dei mutui.

Possiamo ipotizzare che le perdite siano tutte emerse? Forse quelle sui mutui in qualche modo sono emerse o sono comunque state scontate nelle attuali quotazioni.

Però è probabile che ora emergano nuovi campi di battaglia.

Innanzitutto le banche dovranno ora sopportare, dopo le perdite sui loro “investimenti” finanziari, le “sofferenze” provenienti dai prestiti all’economia reale.

I terribili trimestri futuri faranno saltare come birilli molte imprese nel mondo occidentale (e non solo lì). Gli esperti stanno stimando a quanto ammonteranno i possibili futuri fallimenti.

 

 

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