Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2009  -  Luglio

 

 

 

 

 

A CORTO DI BENZINA

 

COMMENTO

 

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. E’ passato più di un mese dall’ultimo commento ai mercati. Il mio “silenzio” è stato causato in gran parte dal fatto che sostanzialmente i mercati, nell’ultimo mese e fino a ieri, non hanno fatto assolutamente nulla di significativo. Il 18 maggio SP500 quotava 910, venerdì scorso 918. L’indice delle 40 blue chips italiane il 15 maggio valeva 19.548, venerdì scorso 19.348. Non si può certo dire che sia stato un mese direzionale, a meno di catalogare con l’aggettivo “piatta” la tendenzialità in atto.

Se vogliamo essere sinceri però il nostro mercato qualcosa di importante l’ha fatto. Ha cambiato il nome degli indici. Il cervello di Borsa Italiana, ormai stabilmente a Londra, ha partorito la brillante idea di mandare al macero il glorioso Mibtel, a cui tutti gli addetti ai lavori erano affezionati, dopo quasi 16 anni di umile ed utile lavoro segnaletico. Ne prende l’eredità il nuovo FTSE Italia All-Share (troppo inglese anche il nome…) che è calcolato con criteri diversi rispetto al Mibtel. Risultato immediato: le analisi grafiche di lungo periodo diventano impossibili poiché è stata ricostruita a posteriori la serie storica del nuovo indice ma andando indietro solo di 5 anni. Continuano a sfuggirmi i vantaggi che avrebbe dovuto portare per gli investitori la fusione tra Borsa Italiana e London Stock Exchange.

Non basta. Anche L’indice delle blue chips ha cambiato nome, eliminando lo scomodo riferimento a Standard & Poor’s, ma per fortuna è cambiato solo quello. Ora si chiamerà FTSE MIB, e chi vorrà dare l’impressione di far parte del mondo degli addetti ai lavori, dovrà pronunciarlo “Fuzzi mib”.

Anche i derivati su questo indice hanno cambiato nome. In particolare il future è  tornato al suo antico nome (FIB),  mai dimenticato dai nostalgici.

Al di là di queste novità semantiche sui mercati azionari pare che il rally, che per tre mesi ha messo le ali ai mercati, non abbia al momento più benzina per tenere l’andatura precedente. Tuttavia la lateralità intrapresa nell’ultimo mese ci indica anche che grande paura di essere saliti troppo, al momento non c’è ancora.

Il risultato della partita sembra pertanto rispecchiare un notevole equilibrio delle forze rialziste e ribassiste e richiede i tempi supplementari per risolvere il braccio di ferro.

Il perché di questa incertezza è presto spiegato.

Si è diffusa in questi mesi, ed è stata alimentata da tutti i guru e le autorità monetarie e politiche, la convinzione che la crisi sia finita.

Ovviamente le autorità hanno aggiunto che l’effettiva ripresa non è ancora in atto e che il cammino per uscire dal pantano sarà ancora lungo, ma tutti concordano che il peggio sia passato.

La convinzione è basata sul miglioramento deciso degli indicatori di “sentiment” (o di fiducia) dei consumatori e dei managers, su qualche timido segnale di miglioramento dal fronte immobiliare e sulla ripresa delle quotazioni delle banche, da cui era arrivato l’impulso più forte alla crisi nel 2008.

Il ragionamento che si fa è: prima che arrivi il sole deve smettere di piovere. Per cui se smette di piovere verrà il sole.

Sulla base di tal ragionamento tutti si attendono che dopo il miglioramento del sentiment venga un chiaro miglioramento anche sui dati reali dell’economia. Se proprio non si riesce a far ripartire il PIL USA nel secondo trimestre, almeno si pretende che il dato che in questi giorni si sta definendo e che verrà comunicato a fine luglio sia decisamente meno drammatico del -5,7% del primo trimestre.

E’ successo però che le indicazioni positive dell’economia reale stanno tardando ad arrivare. E’ vero che il mercato del lavoro distrugge meno posti di qualche mese fa. Ma ne distrugge ancora troppi e il tasso di disoccupazione ha già superato il valore preso come riferimento per gli stress test sulle banche USA.

La ripresa dei consumi si dimostra fragilissima e più dovuta agli aiuti di Obama che alla effettiva voglia di tornare consumisti degli americani.

Gli investimenti per ora non ripartono.

Si comincia a manifestare qualche dubbio circa il ragionamento precedente. Qualche dubbio che chi ha dimestichezza con la logica ha avuto fin da quando ha letto la mia frase precedente relativa al barometro dell’economia. Infatti smettere di piovere è necessario affichè torni il bel tempo, ma non sufficiente.

E’ vero che spesso capita così. Ma non sempre. Proprio sabato scorso ne ho avuto la prova. Un primo temporale, seguito da una schiarita fugace ed un secondo temporale.

Gli Esperti stanno confidando che dopo la schiarita verrà il bel tempo. La classica inversione a V, che non capita di frequente nei cicli economici e quasi mai negli indici di borsa.

I mercati, con la rapidità che li contraddistingue, senza alcuna logica reale, ma con grande precisione comportamentale, hanno scontato il cambiamento delle aspettative con il rally primaverile. Lo hanno fatto in modo esagerato, come esagerato è stato il crollo che ha preceduto il rally.

Ai mercati non importa nulla la coerenza e nemmeno l’aderenza dei prezzi all’economia. I mercati registrano i mutamenti nelle aspettative della massa degli investitori.

Se poi le aspettative si realizzano i movimenti di breve vengono consolidati. Se la realizzazione delle aspettative pone le condizioni per attendersi ulteriori miglioramenti, i mercati trasformano il movimento di breve in un trend di medio-lungo periodo, estendendo nel tempo la tendenza. Altrimenti correggono o addirittura invertono la tendenza.

In questo senso i mercati hanno sempre ragione. Hanno ragione anche quando sbagliano.

Anzi, in realtà non sono i mercati a sbagliare, perché essi rappresentano semplicemente il termometro che rileva la temperatura delle aspettative degli investitori. I quesi casi sono gli investitori che cambiano la loro percezione.

Il grafico dell’indice SP500 fa vedere tre clamorosi casi di errore da parte degli investitori. Il primo si riferisce alla seconda metà del 2007. Il mercato, dopo la lunga galoppata rialzista, culminata a luglio con il ritorno ai valori massimi del 2000, effettuò un profondo storno in seguito ai primi scoppi delle bolle speculative sui mutui subprime (fallirono alcuni fondi hedge specializzati sui CDO), ma ritornò ai massimi in ottobre, quando si ebbe l’impressione che la crisi fosse gestibile. Anche qui contribuì all’illusione l’atteggiamento delle autorità, con Bernanke che dichiarò che la crisi avrebbe portato un buco complessivo di non più di 100 milardi di $.

Poi venne quel che abbiamo tristemente constatato, per cui possiamo tranquillamente affermare che la percezione delle cose nei mesi del ritorno ai massimi (settembre ed ottobre 2007) fu profondamente errata. I rialzisti, pur essendo in maggioranza, sbagliarono clamorosamente.

Una cosa simile capitò nella primavera del 2008, quando nuovamente si ipotizzò che la crisi fosse al termine ed i mercati registrarono con un significativo bear market rally il mutamento della percezione generale. Anche qui la realtà ripristinò tristemente la direzione ribassista a partire da giugno.

Con il movimento di questa prima parte del 2009 ci ritroviamo per la terza volta di fronte ad un caso di repentino mutamento di aspettative, con la differenza assai significativa che non siamo ancora in grado di sapere se stanno nuovamente sbagliando i rialzisti o questa volta hanno sbagliato i ribassisti. Quel che è certo è che il forte ribasso dei primi due mesi del 2009, seguito dal forte rialzo del trimestre successivo ci permette di affermare che sicuramente una delle due “percezioni della realtà” si trasformerà in un bidone e tra 2-3 mesi potremo facilmente capire chi ha avuto ragione e chi torto.

 

 

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