Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2011  -  Agosto

 

 

 

 

 

DEEP DOUBLE DIP

 

COMMENTO

 

Il periodo che è andato dal 22 luglio al 8 agosto, per chi era investito abbondantemente sui mercati azionari, ha rappresentato una mazzata che non sarà dimenticata troppo in fretta. In 12 giornate borsistiche l’indice SP500 ha preso una scoppola del 17% collezionando 10 sedute negative su 12. Una sorte analoga o peggiore è capitata alle altre piazze azionarie mondiali.

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. I media, concentrati sulle vicende italiane, hanno individuato nell’attacco speculativo al debito pubbli Il periodo che è andato dal 22 luglio al 8 agosto, per chi era investito abbondantemente sui mercati azionari, ha rappresentato una mazzata che non sarà dimenticata troppo in fretta. In 12 giornate borsistiche l’indice SP500 ha preso una scoppola del 17% collezionando 10 sedute negative su 12. Una sorte analoga o peggiore è capitata alle altre piazze azionarie mondiali.

I media, concentrati sulle vicende italiane, hanno individuato nell’attacco speculativo al debito pubblico italiano la causa principale. Invece ritengo che ciò che è avvenuto sia soltanto il primo segno di risveglio dei mercati dal torpore e la presa di coscienza che ora le probabilità di una seconda fase di recessione mondiale, dopo la terribile esperienza del 2008-2009 e la ripresina del 2010-2011, siano drasticamente aumentate. Non è l’Italia che preoccupa i mercati. Magari l’essere stati definitivamente inclusi tra i malati di Eurolandia qualche apprensione aggiuntiva ai mercati azionari mondiali la fornisce. In fondo il nostro, con 1.904 miliardi di euro, è il terzo debito pubblico al mondo per dimensione e il fatto che rappresenti il 120% del nostro PIL non è certo rassicurante per chi ci ha prestato soldi. Però l’attacco all’Italia è partito in giugno e ad inizio luglio era già molto intenso e drammatico (per noi), ma i mercati azionari più importanti snobbavano l’evento e continuavano il loro trend laterale.

L’evento che ha fermato bruscamente ed ha invertito la marcia rassicurante dell’indice americano verso i massimi del 2007, è stato il materializzarsi nuovamente dello spettro della recessione americana. La primavera, con il rallentamento della crescita del PIL USA al ritmo annualizzato dell’1,8% del primo trimestre, aveva già fornito qualche preoccupante segnale di rallentamento. Ma il 29 luglio la comunicazione della prima stima del secondo trimestre (1,3%, molto meno delle attese) e la drastica revisione del dato del trimestre precedente (abbassato dal +1,8% a +0,4%) ha fatto suonare la sveglia ai mercati.

Nei giorni seguenti sono scattate le revisioni al ribasso delle ottimistiche previsioni di crescita. Sia la FED, che gli uffici studi delle principali banche d’affari, che prevedevano un’accelerazione della ripresa nel 2011 e nel 2012 a ritmi superiori al 2,5% annuo, hanno dovuto prendere atto di essere stati troppo ottimisti ed hanno iniziato un processo di revisione che molto probabilmente continuerà anche oltre le ultime stime pubblicate dal FMI, che parlano ormai di un modesto +1,6% quest’anno e di un 2% il prossimo. Si tratta comunque di stime che sono ancora lontane dall’annunciare la recessione.

Basta tutto ciò a giustificare lo scrollone dei mercati?

A mio parere basta e avanza, poiché i mercati prezzano la percezione degli utili futuri e il passaggio da un’aspettativa di economia in accelerazione all’attesa di un’economia in rallentamento deve far pensare ad utili quantomeno in diminuzione, con conseguenze ribassiste sui prezzi delle azioni.

Ma purtroppo c’è di più, ed avrà a che fare con le prossime settimane.

Infatti agosto ha anche evidenziato alcuni dati anticipatori piuttosto lugubri. Gli indici ISM, che misurano la percezione del clima economico da parte dei manager delle principali aziende americane, hanno confermato la tendenza al ribasso ed hanno quasi raggiunto il valore 50, che separa la percezione di crescita da quella di recessione. Quelli misurati nel mese di agosto usciranno i primi giorni di settembre e se saranno inferiori a 50 avremo un affidabile responso di recessione in arrivo. Intanto nel corso di agosto sono già state pubblicate alcune rilevazioni di alcune sedi federali della FED: Philadelphia, New York e Richmond. Le rilevazioni della FED hanno la proprietà di essere molto correlate, con uno-due mesi di anticipo, rispetto agli indici ISM. Questi sono poi molto efficaci per segnalare la presenza di una recessione in atto, sebbene questa venga poi individuata solo a posteriori e con parecchi mesi di ritardo dalle statistiche ufficiali.

Si guardi attentamente il grafico tratto da http://calculatedriskblog.com

   

 

Rappresenta l’andamento degli indici ISM (linea rossa, scala di misura a destra), l’indicatore sintetico delle rilevazioni della FED (linea blu, scala a sinistra) e la media degli indici di Philadelphia e New York (linea verde tratteggiata, scala a sinistra). Le fasce azzurre verticali rappresentano i periodi ufficiali di recessione. Entrambe le ultime due recessioni ufficiali sono state caratterizzate dalla decisa penetrazione degli indici ISM al di sotto del livello 50 e delle rilevazioni FED in territorio negativo. Soltanto la penetrazione del 2003, avvenuta in modo non marcato, non ha certificato una recessione.

Si può notare che le rilevazioni di agosto hanno già spinto la linea blu a circa -10, mentre la linea rossa è ancora lievemente sopra 50. Però gli indici ISM sono ancora fermi per qualche giorno alla rilevazione relativa al mese di luglio.

Per questo io credo che ai primi di settembre, quando arriveranno le rilevazione di agosto degli indici ISM, avremo la resa dei conti e, se saranno correlati alle rilevazioni anticipatrici della FED, solo chi ha gli occhi foderati di mortadella continuerà ad escludere la recessione.

In tal caso prepariamoci ad assistere a un altro bagno di sangue sui mercati azionari, che non potranno salvarsi da nuovi pesanti cali.

Credo di essere stato già abbastanza brutale, ma non posso fermarmi alla constatazione che è in arrivo la recessione.

Dobbiamo analizzare anche come l’America sta arrivando a questo appuntamento e quali armi ha a disposizione per combatterla.

Su questo punto purtroppo dobbiamo costatare che tutte le cartucce più potenti sono già state sparate per risollevare l’economia dal disastro del 2008, e sono state sparate soprattutto per salvare il sistema bancario dal fallimento.

Ora Obama si ritrova un bilancio pubblico gravemente in deficit e un debito pubblico che è circa il 100% del PIL. La battaglia di luglio con il Parlamento, ostaggio dei rappresentanti del Tea Party, ha mostrato che l’attenzione è ora spostata sui tagli alla spesa pubblica per ridimensionare il debito.

Obama si trova a dover stimolare l’economia e ridurre la spesa pubblica. E’ un po’ come dover riempire la botte e voler la moglie ubriaca.

Pertanto attendiamoci enormi difficoltà e poco arrosto da parte del Governo federale. E’ finita l’epoca dei sostegni pubblici all’economia. Se anche fossero proposti da Obama, e c’è da pensare che nei prossimi lo saranno, ogni aumento di spesa pubblica verrebbe ferocemente osteggiato dai repubblicani ed abbattuto dalla retorica anti-debito ed anti-tasse.

La stessa FED si ritrova con le polveri bagnate dal fallimento delle precedenti inondazioni monetarie, che non hanno stimolato granché l’economia, ma sono servite soltanto alla speculazione a far salire artificiosamente i mercati finanziari azionari e delle materie prime e ad alimentare la paura di future fiammate inflazionistiche. Ritengo che sarà molto difficile trovare misure che vadano oltre il semplice palliativo, nonostante il bluff che recentemente Bernanke ha impostato col discorso di Jackson Hole: “Abbiamo le armi necessarie a sostenere l’economia e siamo pronti a farlo. Attendiamo solo le mosse del governo ed a settembre potremmo agire”.

La recessione ventura rischia perciò di avere effetti molto pesanti e di farci rivivere i momenti drammatici del 2008 e 2009. Anche perché dall’Europa arrivano segnali dello stesso tenore. Francia e Germania nel secondo trimestre hanno già fermato la loro crescita e gli uffici studi stanno facendo a gara a ridimensionare le stime per tutta l’area. Anche qui la sindrome che attanaglia innanzitutto la Merkel e di conseguenza gli altri governi dell’eurozona è quella della debito-fobia. A cominciare dai PIIGS, per poi proseguire anche nei paesi più “virtuosi” come la Francia e la stessa Germania, è tutto un susseguirsi di manovre di tagli al deficit e riduzione del debito, che avranno effetti recessivi già quest’anno, ma soprattutto nei prossimi due. E questi effetti si sommeranno a quelli che il ciclo economico sta producendo autonomamente.

Il rischio molto forte che stiamo correndo è la ripetizione del 1937. Il 1937 non è molto noto, poiché l’immaginario collettivo si concentra sulla crisi del ’29 quando deve evocare il simbolo della depressione economica. Però chi ha studiato un po’ di storia economica sa che Roosevelt, dopo il successo del New Deal, che risollevò l’America dalla crisi del ’29, commise l’errore di cedere alle pressioni degli ambienti politici, che invocavano la riduzione della spesa pubblica, ritenuta non più necessaria e pericolosa per la crescita del debito, ed invertì troppo presto l’impostazione della politica economica, credendo di essere ormai fuori dalla terribile crisi del ’29. Tagliò le spese per il New Deal ed aumentò le tasse troppo presto. Il risultato fu il “double dip” del 1937, quando l’America ripiombò nuovamente per due anni in recessione e solo il decollo delle spese militari per la seconda guerra mondiale risollevò l’economia.

In quella seconda gamba recessiva la produzione crollò del 37%, la disoccupazione passò al 19%, la borsa perse in un anno il 50% circa dai massimi precedenti.

Le analogie con ciò che sta accadendo oggi sono impressionanti. E’ incredibile che si continuino a ripetere gli errori del passato senza imparare nulla dalla storia. Ma è quel che sta avvenendo.

Quando Obama fu eletto, in piena crisi economica, molti lo paragonarono a Roosevelt. Evidentemente avevano ragione: ne sta imitando anche gli errori.

 

 

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