Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2011  -  Settembre

 

 

 

 

 

MANOVRA

 

COMMENTO

 

MANOVRA INSUFFICIENTE, DANNOSA E INIQUA

Quella che è stata definita dai giornali come “la risposta del governo alla speculazione”, la manovra di ferragosto, che dovrebbe riportare il bilancio in pareggio a fine 2013 è una toppa peggiore del buco. Infatti non è servita ad rallentare la fuga dall’Italia degli investitori stranieri, che stanno continuando a vendere ogni giorno alla BCE i nostri titoli di stato e mantengono il famigerato spread ai livelli che aveva raggiunto prima della manovra.

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. E’ una falsa soluzione, poiché gran parte delle risorse indicate per raggiungere il pareggio di bilancio sono indeterminate ed ipotetiche. Quasi metà del gettito arriverà dalla lotta all’evasione fiscale, il cui gettito non si può determinare a priori, e dalla fantomatica “riforma del fisco” calendarizzata per il prossimo anno, talmente incerta che è stato previsto che potrebbe anche non arrivare. In tal caso verrà usata l’accetta indiscriminatamente eliminando il 20% delle agevolazioni fiscali, dalle detrazioni per carichi familiari alle altre agevolazioni socio-assistenziali.

Inoltre tutti i calcoli dei saldi da raggiungere è stata fatta basandosi sulle previsioni di crescita del PIL effettuate dal Governo nel DEF (Documento di Economia e Finanza) presentato in aprile, che ipotizza una crescita del +1.1% per il 2011, +1.3% per il 2012, +1.5% per il 2013. Queste stime, che io ritenevo già allora un po’ troppo ottimistiche, sono state completamente travolte dal mutamento di scenario economico che ci ha portato l’estate. Ora tutti gli istituti di ricerca hanno già ampiamente tagliato le stime di circa metà e prevedono mediamente una crescita intorno a +0,6% per il 2011 e +0,2% per il 2012. Anche il Governo ha abbassato ieri le previsioni di crescita, aggiungendo però che i saldi della manovra non devono essere modificati. Allora significa che prima erano eccessivi? Oppure è l’ennesima dimostrazione di dilettantismo che, oltre ai ministri, imperversa anche tra i tecnici?

Se oltre agli errori di stima del Governo proviamo a considerare anche gli effetti pesantemente recessivi provocati dalle due manovre di luglio ed agosto, e che impatteranno soprattutto a partire dal prossimo anno, aggiungendosi al naturale rallentamento che il ciclo sta subendo in tutti i paesi occidentali, ritengo realistico ipotizzare una recessione abbastanza significativa per il 2012 e forse anche per il 2013, con evidente riduzione del già sovrastimato gettito fiscale e necessità di misure di ammortizzazione sociale che vanificheranno parte dei tagli. Aggiungiamo infine l’inasprimento dei tassi di interesse che l’aumento dello spread ha sancito, che comporterà maggiori interessi da pagare rispetto a quelli passati. Il risultato certo è l’impossibilità di raggiungere il pareggio di bilancio se non si provvederà ad altre manovre per un importo medio che possiamo stimare in una ventina di miliardi l’anno aggiuntivi a partire dal prossimo.

La manovra, oltre che insufficiente, è anche dannosa, poiché è composta per l’80% da aumenti di balzelli e solo per il 20% circa da tagli. E’ vero che lo Stato ha messo poco le mani in tasca agli italiani. Però ha costretto gli enti locali a metterle, tranciando i loro finanziamenti. Saranno i comuni e le regioni a tassare e a ridurre i servizi di prima necessità (sanità, trasporto locale, assistenza sociale). La spinta verso la recessione è inevitabile, proprio quando tutti individuano la nostra incapacità di crescere come uno dei motivi principali della fuga degli investitori esteri.

Infine la manovra è profondamente iniqua poiché non incide per nulla sui privilegiati, di cui la casta dei politici è solo un esempio, ma preferisce prendere i soldi dai soliti che le tasse le hanno sempre pagate oppure con la “lotta all’evasione”, secondo uno slogan tanto usato quanto vuoto e aleatorio. Il penoso balletto dei tagli ai costi della politica e degli stipendi dei parlamentari, prima sbandierati, poi negati, poi rinviati, si è concluso nel peggiore dei modi, cioè con la presa in giro della riforma costituzionale che attendiamo alle calende greche.

In questa situazione non credo che ci sia molto da sorprendersi per il declassamento del nostro rating, che Standard & Poor’s ha già attuato e che le altre agenzie stanno per sancire. Stiamo replicando il cammino verso il baratro che la Grecia ha già ampiamente percorso.

 

LA SALVEZZA E’ D’OBBLIGO

Tuttavia, nonostante l’impegno ad accelerare il disastro che i nostri governanti stanno dimostrando, e sebbene l’ingresso nel circolo vizioso della sfiducia dei mercati lo renda possibile, credo che nella realtà sia assai improbabile fare la fine della Grecia, per alcuni motivi. Innanzitutto siamo troppo grossi per fallire. Il nostro debito pubblico è di oltre 1.900 miliardi di euro, per dimensione è il quarto al mondo, dopo USA, Giappone e Germania (quest’ultimo è solo lievemente superiore al nostro). Circa la metà è collocato all’estero, soprattutto presso banche e fondi di investimento. Il nostro default trascinerebbe nel baratro parecchie banche internazionali e forse l’intero sistema finanziario mondiale. Se il mondo in queste settimane è spaventato dal possibile default della Grecia, che ha un debito pari a circa un decimo del nostro, figuriamoci che cosa succederebbe se fallissimo noi. Le nostre dimensioni ci rendono però anche un paziente difficile da salvare. Anche un eventuale salvataggio mediante aiuti europei sarebbe improponibile. Per avere un Fondo di Stabilità in grado di garantire anche il nostro debito occorrerebbe portare gli stanziamenti oltre i 2.000 miliardi di euro, e questo è impensabile. La versione potenziata del fondo ESFS arriva a malapena a 750 miliardi. Non è pensabile che gli altri paesi, che già stentano a finanziare questa versione del Fondo, si impegnino addirittura a triplicarla.

Siamo perciò nella situazione in cui non possiamo fallire e contemporaneamente non possiamo essere salvati. Ciò significa che dobbiamo cavarcela in gran parte da soli. Non solo. Significa anche che subiremo pressioni internazionali fortissime, in modo ufficiale ed anche in altri modi meno “pubblicizzabili”, affinchè facciamo quel che serve per ristabilire la fiducia dei mercati in noi. Il diktat della BCE, che ha dettato i saldi della manovra di Ferragosto a Tremonti, riuscendo persino a convincere l’inguaribile ed incosciente ottimismo di Berlusconi, ne è solo un primo timido assaggio. 

Sarà certamente una via crucis per il nostro paese, ma la dovremo percorrere. L’entità del dolore che dovremo sopportare dipenderà molto dal coraggio con cui l’affronteremo.

Quel che è certo è che, se aspettiamo a buttar giù le medicine delle varie manovre correttive imposte dalla BCE quando l’emergenza dei mercati ci impedisce di ignorarle, la strada è segnata ed è quella della Grecia e della spirale deficit-manovra-recessione-deficit. La Grecia due anni fa, quando venne alla luce la sua crisi, aveva un rapporto Debito-Pil di poco superiore al 100%. Dopo due anni di lacrime, sangue e recessione selvaggia, siamo arrivati al 150% circa. Tipico caso di inutile accanimento terapeutico con medicine sbagliate.

Io penso che si debba percorrere un sentiero diverso, forse altrettanto doloroso, ma con maggiori probabilità di vedere gli sforzi ricompensati dal recupero di credibilità finanziaria e politica. La ricetta secondo me dovrebbe comprendere medicine politiche, finanziarie ed economiche.

 

LA MEDICINA FINANZIARIA

La dimensione raggiunta dal nostro debito ed il peso che ogni piccola variazione dei tassi ha sulla spesa pubblica complessiva rendono estremamente urgente aggredire lo stock del debito facendolo scendere in tempi rapidi di un ammontare intorno ai 500 miliardi. E’ una cifra imponente, ma tale da riportare il rapporto debito-pil poco sopra il 90%, facendogli fare un salto all’indietro di 25 anni e allineandolo alla media europea.

Per trovare tanti soldi è necessaria una manovra straordinaria patrimoniale una tantum, composta di due provvedimenti: la vendita di tutti gli immobili pubblici inutilizzati o male utilizzati e di tutte le partecipazioni pubbliche in attività economiche. Parecchie stime ipotizzano che un progetto ben combinato ad ampio raggio potrebbe fruttare dai 300 ai 400 miliardi. Assumiamo la cifra minore. La parte restante (200 miliardi) andrebbe recuperata con una imposta straordinaria sui patrimoni immobiliari e finanziari al di sopra di una certa soglia, che indicativamente potremmo ipotizzare in 500-800.000 euro e dovrebbe incidere intorno al 5% del patrimonio. Siccome la ricchezza nazionale è stimata in circa 9.000 miliardi di euro e si può ipotizzare che almeno metà di essa sia concentrata in patrimoni superiori alla soglia di esenzione, ecco i 200 miliardi che servono.

Il secondo step dovrebbe essere quello di trasformare il nostro sistema fiscale in modo profondo per renderlo più equo e per combattere la cospicua evasione fiscale, magari facendo in modo da incentivare la crescita ed il lavoro anziché la rendita parassitaria. Una delle caratteristiche peculiari della nostra ricchezza è infatti quella di essere largamente improduttiva, perché investita assai poco in attività imprenditoriali e produttive ed assai più in beni immobili, attività finanziarie a basso rischio o addirittura parcheggiata in liquidità.

Uno dei motivi per cui ciò avviene, oltre alla bassa propensione al rischio degli italiani, è anche il diverso trattamento fiscale. Un euro di reddito guadagnato col lavoro dipendente o autonomo o con attività d’impresa è soggetto ad un carico fiscale più che doppio rispetto ad un euro incassato per interessi o per affitti. L’incremento di valore del patrimonio immobiliare è poi addirittura esente da imposta, così come ne è largamente esente il passaggio agli eredi per successione. Quello finanziario paga un’aliquota fissa e largamente inferiore a quella che colpisce i redditi da lavoro e di impresa.

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire il servizio è possibile accedere all'indirizzo www.borsaprof.it o contattare la casella di posta: gigiger@borsaprof.it

 

BORSAPROF.IT s.a.s. di Pierluigi Gerbino & c.

Consulenza, Formazione, Analisi Finanziarie e supporti al Trading