Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2009  -  Ottobre

 

 

 

 

 

IL COMPLEANNO DEL CRACK

 

COMMENTO

 

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. Il 15 settembre la stampa ha celebrato il compleanno del fallimento di Lehman con grande visibilità e numerose interviste ad economisti ed esperti. La data viene ricordata come quella che scatenò il crollo dei mercati azionari, che da quel giorno in sei mesi perdettero quasi il 50% del loro valore, e l’implosione del sistema bancario mondiale.

In realtà la crisi si era manifestata da mesi, con il salvataggio di Bear Stearns e dei colossi federali dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac. Tuttavia nessuno credeva che una banca grande come Lehman avrebbe potuto fallire. Nella prima quindicina del drammatico mese di settembre 2008 le autorità si trovarono a gestire l’insolvenza di 3 colossi: oltre Lehman, Merrill Lynch ed il colosso assicurativo AIG.

Il tesoro decise di salvare AIG, Merrill riuscì a farsi comprare da Bank of America, ma Lehman non trovò compratori. Fed e Tesoro decisero di lasciarla fallire in un drammatico week-end di cui molti particolari devono ancora essere raccontati. Attendiamo l’uscita delle memorie di Paulson, che non mancherà di togliersi qualche bel sassolino dalla scarpa.

L’evento provocò una gigantesca crisi di fiducia, che spinse le banche a bloccare del tutto la loro attività di erogazione del credito. Ciò causò la frenata dell’attività commerciale, che senza credito non può tirare avanti, e il blocco della produzione, manifestatasi nei terribili due trimestri seguenti.

Quasi tutti ritengono che allora si commise un errore, permettendo il fallimento di una grossa banca come Lehman e che il disastro venne evitato solo grazie all’abilità di Bernanke ed alle misure straordinarie dei governi di tutto il pianeta.

Pochi sono andati al di là della presa d’atto, per rispondere a due domandine: perché le autorità presero quella decisione sbagliata? Perché dei 3 responsabili di quella decisione (Paulson, Bernanke e Geithner) solo il primo è stato messo al palo, mentre gli altri due sono stati promossi o lodati come i salvatori dell’economia?

Alla prima domanda ha provato a rispondere Kenneth Rogoff, ex capo economista del FMI. Secondo lui le autorità scelsero il male minore. Temevano che salvare sia AIG che Lehman avrebbe scatenato i liberisti, difensori del mercato libero e nemici dell’intervento dello Stato nell’economia. Siccome AIG era un colosso in grado di creare danni superiori a Lehman in caso di fallimento, quest’ultimo venne designato come vittima sacrificale. D'altra parte lo shock che sarebbe derivato alla finanza mondiale doveva raggiungere l’obiettivo di smuovere i governi ed obbligarli ad assumere quei provvedimenti d’emergenza che difficilmente sarebbero stati presi se Lehman fosse stata salvata.

Insomma: secondo Rogoff, Lehman è stata sacrificata per imporre a Bush l’impegno di oltre 2.500 miliardi di dollari di denaro pubblico per salvare le altre banche.

La seconda domanda è piuttosto curiosa: infatti solo Paulson, l’ex ministro del Tesoro di Bush, ha pagato con l’esposizione al pubblico ludibrio e viene additato come l’unico vero responsabile della devastazione finanziaria. Gli altri due sono stati beatificati: Geithner ha preso il posto di Paulson al Tesoro, mentre Bernanke è stato riconfermato per acclamazione al timone della Fed per altri 4 anni e indicato come il salvatore del mondo.

Misteri della politica: la sfortuna di Paulson è stata quella di essere legato all’eterno bamboccione George W. Bush, sconfitto alle elezioni e rimandato nel suo ranch a giocare a golf col cane. Gli altri due, potendolo fare, sono lestamente saltati sul carro del mitico Obama e stanno vivendo di luce riflessa dal suo carisma mediatico.

La mia opinione è invece che tutti e tre siano colpevoli allo stesso modo del disastro. Ma non, come tutti dicono, per aver lasciato fallire Lehman. Se l’interpretazione di Rogoff è giusta, salvare anche Lehman avrebbe fornito un alibi ai politici per non intervenire, e ci saremmo trovati in una situazione forse peggiore.

LE COLPE DEL TRIO

Le loro colpe vanno ricercate soprattutto in quel che non hanno fatto prima dello scoppio della fase terminale della crisi.

Innanzitutto non hanno frenato l’assurda giostra della finanza creativa. Questo carrozzone è stato messo in piedi dalla lobby delle banche d’affari con la compiacenza di Greenspan nei primi anni del decennio. Che fosse un bubbone in grado di creare, quando sarebbe scoppiato, una crisi sistemica, era loro noto. Perché non hanno fatto nulla per curarlo prima che fosse troppo tardi? La dimensione della finanza derivata, quel castello di cartaccia costruito sui mutui e su tutto quel che può essere cartolarizzato, non poteva essere a loro sconosciuta. E’ vero che buona parte degli strumenti derivati sono creati e negoziati al di fuori di mercati trasparenti e regolamentati, per cui è difficile stimarne l’esatto ammontare. Ma se è così, a maggior ragione avrebbero dovuto prendere provvedimenti per migliorare la trasparenza e ridurne la massa, anziché permettere che crescesse in modo esponenziale in pochi anni fino al punto di travolgere l’intero sistema bancario. Questi personaggi sono lì, e costano parecchi milioni di dollari l’anno ciascuno, per regolare e controllare. Se non hanno regolato e non hanno controllato, perché mai li dobbiamo confermare ai loro posti o promuoverli?

Ricordiamo che a luglio del 2007, quando emerse la bomba subprime, Bernanke stimò le conseguenze in una cifra compresa tra i 50 e 100 miliardi di perdite per il sistema bancario americano. Solo pochi giorni dopo alcune banche d’affari ipotizzarono cifre 20 volte maggiori. La realtà ci ha per ora consegnato perdite di circa 25 volte maggiori. E non è finita.

Ora, ditemi. Un ingegnere, un perito, un qualsiasi professionista, che sbagli i calcoli di 25 volte… che fine farebbe?

Per tutto il 2007, mentre si levavano voci disperate che avvisavano su quel che stava succedendo, che non si poteva continuare così, ad alimentare la speculazione al rialzo e col paraocchi all’infinito (non c’era solo Roubini, si legga a titolo di esempio il mio scritto del 23 settembre 2007 al seguente link: http://www.borsaprof.it/commenti_analisi.asp?id=453 ) Bernanke e la Fed assecondarono le euforie prevedendo crescita stabile e duratura, come se niente fosse.

Vogliamo continuare?

Allora vediamo come è stata affrontata la crisi una volta che anche i ciechi ed i sordi se ne sono accorti.

Tutto è partito dai mutui subprime su cui è stato costruito un gigantesco castello di derivati. I nullatenenti americani, senza un dollaro da parte ma con un posto di lavoro e tanta voglia di diventare padroni di casa propria, venivano invogliati dalle banche o dalle finanziarie da loro controllate a richiedere mutui per comprarsela, grazie ad enormi facilitazioni (tassi bassi, finanziamenti al 130% del valore dell’immobile a garanzia, rate iniziali ridotte, autocertificazione del valore dell’immobile senza nessuna perizia) e soprattutto tacendo il fatto che se i tassi di interesse fossero risaliti e i prezzi delle case fossero scesi (come è puntualmente successo), le rate sarebbero schizzate in alto e sarebbero diventate indigeste. Questi mutui venivano ceduti subito ad altre società che producevano le famigerate salsicce, i CDO, e li piazzavano sul mercato ad altre banche o fondi di investimento, che, nonostante fosse il loro mestiere, non capivano quanto questi titoli fossero tossici. Tutto ciò con la benedizione della FED (che allora era guidata da Greenspan: non diamo a Bernanke le colpe del suo predecessore) e la complicità delle agenzie di rating.

 

In questa vicenda, chi è la vittima? Secondo me i poveracci che hanno aperto il mutuo e si sono ritrovati a perdere, nell’ordine, prima il sonno per le rate impazzite da pagare, poi la casa pignorata, poi il lavoro quando la crisi finanziaria si è propagata all’economia reale. Infatti ora le periferie delle grandi città americane assomigliano sempre più alle bidonville delle metropoli del terzo mondo. 

Chi è il truffatore? Le banche che hanno alimentato il circuito perverso con la complicità delle agenzie di rating.

Chi è l’incompetente? Banche e fondi che hanno impiegato incautamente il denaro dei loro clienti nei titoli tossici senza sapere che lo fossero.

Ora, che cosa dovrebbe fare un’autorità degna di tal nome per mettere a posto le cose una volta che il bubbone è scoppiato? D’accordo, un’autorità degna del suo nome non doveva consentire al bubbone di crescere, l’abbiamo già detto. Ma chiudiamo bonariamente un occhio sul mancato controllo a priori, per valutare il comportamento a posteriori.

 

 

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